Descrizione
Ringrazio tutti voi per avere accolto l’invito dell’amministrazione comunale di celebrare insieme, qui nella piazza del municipio, la ricorrenza del 4 novembre.
Ringrazio il parroco don Giambattista Scura, che ha accettato di celebrare la messa e condividere con noi la cerimonia, ulteriore conferma della fattiva collaborazione tra comune e parrocchia.
Ringrazio il nostro alpino Valentino Cattaneo.
La giornata di oggi è dedicata alle Forze Armate e all’Unità Nazionale.
Ricordo che il 4 novembre 1918 si concludeva una guerra durata quattro anni e costata all’Italia 650 mila morti.
Questo incipit è quasi identico a quello dello scorso anno.
E anche la riflessione che seguirà tratta il medesimo tema di un anno fa: la pace, una pace oggi più lontana. Una pace che come l’isola non trovata di Francesco Guccini è sì la più bella che ci sia, ma è anche una splendida utopia.
Ecco noi speriamo, crediamo, vogliamo che questa splendida utopia divenga realtà.
Viviamo in un mondo senza pace, ma soprattutto – mi auguro di sbagliarmi - in un mondo dove la ricerca della pace non è prioritaria. Viene il dubbio che anche gli sforzi per raggiungerla siano inferiori a quelli necessari per ottenerla.
Si parla molto di pace, ma coloro che con convinzione, insistenza, direi testardaggine, la sollecitano assomigliano molto la figura dell’evangelica voce che grida nel deserto.
Un dettaglio però differenzia questi velleitari predicatori di pace da San Giovanni Battista che annunciava il Messia. Duemila anni fa il Messia è arrivato. La pace, purtroppo, resta una chimera. Un’utopia, appunto.
E lo sa bene Papa Francesco che non perde occasione per inneggiare alla pace, ma è inascoltato.
E con lui sono inascoltati tutti coloro che auspicano la pace. Che manifestano per la pace. Che lottano per la pace. Sono in tanti, anche nel nostro territorio e questo ci rende orgogliosi, ma non basta.
Per ottenere la pace non è sufficiente la marcia silenziosa della pace che si è tenuta pochi giorni fa a Crema, organizzata dal Comune e dalla Diocesi è una testimonianza concreta di questo desiderio di pace.
Per ottenere la pace serve cambiare il mondo e non è poca cosa. Perché per cambiare il mondo è indispensabile prima cambiare noi stessi.
Occorre disponibilità all’ascolto, al dialogo, all’abbondono di pregiudizi.
Occorre l’umiltà di non criticare per partito preso e senza le opportunamente conoscenze.
La pace non si ottiene con la fake news, con le chat demenziali sui social. Con la critica fine a se stessa. Con la superficialità.
La pace si conquista con la fatica e senza condizioni. La pace non è ideologica.
Oggi però, inutile negarlo, vince la guerra. Vince la morte, il dolore. Vince l’odio. Vince la crudeltà, la barbarie. La disumanità. Vincono, spiace sottolinearlo, gli interessi di bottega. Vince l’industria della guerra.
Vince l’egoismo. Vince l’homo homi lupus, l’uomo lupo per il proprio simile.
In guerra non esistono buoni e cattivi.
Non si possono distinguere guerre giuste o ingiuste. Non ci sono guerre di religione. Non ci sono guerre sante. Non ci sono guerre di destra o di sinistra. C’è la guerra. Punto.
La guerra, qualsiasi guerra non trova giustificazioni.
Se si arriva allo scontro, la diplomazia ha fallito. Allora è necessario chiedersi perché dell’insuccesso.
Se questo fosse vero, si aprirebbe un ventaglio di ipotesi, troppo lungo da elencare.
Perché scartare la possibilità che nessuna delle parti coinvolte in un conflitto, qualsia esso sia, abbia interesse perché si arrivi alla pace?
Oggi la guerra è anche bombardamento di ospedali e di forze di pace.
Dopo una guerra non ci sono vincitori.
Dopo una guerra ci sono morti da piangere, orfani da crescere, famiglie da riscostruire.
Dopo una guerra ci sono distruzioni e macerie. Desolazione. Ci sono rancori, recriminazioni, rabbia. Ci sono desideri di vendetta, pronti a esplodere e a innescare un nuovo conflitto.
Oggi, lo ripeto, è la giornata delle Forze Armate e dell’Unità Nazionale, una ricorrenza che sembrerebbe contrastare con il concetto di pace.
Ma non è così. Chiarisce questa apparente incongruenza l’articolo 11 della Costituzione italiana.
Un articolo che cito ogni 4 novembre recita: «L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo».
Un compito che svolge in modo egregio.
Dal sito ufficiale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale si apprende che l’Italia è il primo fornitore, in termini di personale militare e di polizia altamente qualificato, tra i Paesi occidentali e dell’Unione Europea nelle operazioni di mantenimento della pace delle Nazioni Unite.
È il settimo contributore al bilancio del peacekeeping ONU.
Con circa 1.100 militari, il nostro paese svolge un ruolo particolarmente rilevante nella missione UNIFIL, dispiegata nel Sud del Libano. Un avamposto che, poche settimane fa, non è stato risparmiato dalla furia della guerra.
L’Italia partecipa inoltre a missioni ONU in Africa, Asia ed Europa.
Per completare il quadro bisogna aggiungere che il nostro paese è attivo nella formazione del personale di Polizia destinato a prestare servizio in operazioni di pace.
Ma può succedere che essere portatori di pace, o comunque svolgere funzione di deterrenti alla guerra, comporti il sacrificio di vite umane.
È successo con la strage di Nassiriya che ha provocato la morte di 19 carabinieri, 4 soldati e 2 civili, che meritano il nostro rispetto.
Chiudo e ricordo che la pace si conquista giorno per giorno. Che è sacrificio. Che è umiltà. La pace è il bene comune più grande. Senza la pace c’è ingiustizia. Dolore. C’è il baratro.
Viva la Pace! Viva l’Italia unita.
Antonio Grassi, sindaco di Casale Cremasco-Vidolasco.
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Ultimo aggiornamento: 9 novembre 2024, 09:24