Lactalis Italia, la previsione dei manager: «Coi dazi Grana e Parmigiano i più esposti, nel 2018 perdemmo il 18%»

Notizia pubblicata su Corriere della Sera in data 7 aprile 2025

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7 aprile 2025

Lactalis Italia, la previsione dei manager: «Coi dazi Grana e Parmigiano i più esposti, nel 2018 perdemmo il 18%»
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Di Massimiliano Jattoni Dall’Asén.
Il gruppo Lactalis è il primo produttore mondiale di formaggi e produce ben 8 formaggi Dop italiani. Il 42% è destinato all’estero, il 6% al mercato Usa

«Stiamo già parlando con la nostra filiale americana per cercare di non incrementare troppo il prezzo dei nostri prodotti al consumatore. Vogliamo tentare di assorbire una parte degli aumenti causati dai dazi senza farli arrivare ai clienti, ma un aumento del prezzo a scaffale sarà inevitabile». Il direttore di Lacatalis Italia Export, Mauro Frantellizzi, che incontriamo al caseificio Tricolore di Reggio Emilia, uno tra i più grandi per la produzione del Parmigiano Reggiano, non nasconde che le misure protezionistiche introdotte dal presidente americano Donald Trump il 2 aprile scorso, nella ormai famosa conferenza stampa nel giardino delle rose della Casa Bianca, avranno contraccolpi sull’export dei tanti prodotti made in Italy che escono dai tanti stabilimenti italiani del colosso alimentare francese.

I dazi del 2018 fecero perdereil 18% del fatturato

Si confida ancora che la dialettica tra Europa e Stati Uniti porti nelle prossime settimane a «una sintesi diversa da quella che abbiamo ora», ma in ogni caso si deve prevedere tutto. «Se riusciamo ad assorbire parte del costo, guadagneremo indubbiamente meno e guadagneremo meno anche dall’impatto sulle rotazioni del prodotto sugli scaffali», ammette Frantellizzi, il cui pensiero vola subito al 2018, quando Trump impose per la prima volta i suoi super dazi. «In quell’anno registrammo un calo di export di formaggi italiani negli Usa di circa il 18%». La speranza è che a questo giro «l'impatto possa essere meno forte», come spiega Michele Fochi, direttore generale di Ambrosi e Nuova Castelli. Gli Stati Uniti rappresentano uno dei mercati più strategici per Lactalis Italia, che vi esporta il 6% del totale dei propri formaggi, con una quota che sale al 10% per Parmigiano Reggiano. E «l’impatto maggiore sarà proprio per questi due», conferma Fochi. 

«Il problema psicologico»

Da questo momento, «i formaggi duri saranno soggetti a un dazio complessivo del 35%, sommando il 15% già esistente a un ulteriore 20%, mentre la mozzarella affronterà un dazio totale del 30%», spiega Frantellizzi. Il consumatore americano benestante sarà dunque ancora in grado di acquistare la qualità del Parmigiano Reggiano e delle altre Dop e sostenere i rincari? Secondo il manager no. «Si tratta anche di un problema psicologico», spiega. «I nostri prodotti costano già un po’ di più e se da 40 €/kg si arriva, ad esempio, a 60, l’impatto è inevitabile, considerando poi che ci sono i prodotti americani a prezzi già minori, come il Parmigiano e il Gorgonzola domestici, prodotti in Wisconsin». 

Ora la concorrenza con i formaggi locali Usa diventa più difficile

Lactalis non è per la demonizzazione dei prodotti domestici «se non ingannano il consumatore». La dimostrazione, spiega Frantellizzi, è nel Pecorino Romano che, a fronte di un concorrente locale, il Romano Cheese, più del 50% dell’export va negli Usa». Ma «è chiaro che nel momento in cui si introducono i dazi», prosegue il manager, «la convivenza pacifica diventa difficilmente sostenibile». Il primo Trump fece perdere a Lactalis Italia «un anno di crescita» nel 2018 e la mannaia dei dazi bis cala proprio su un momento particolarmente florido per il made in Italy, che «negli ultimi 10 anni si è affermato in tutti i Paesi, dove c’è letteralmente una "fame" d’Italia». Basti pensare che il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano hanno chiuso il 2024 negli Stati Uniti con quasi 20 mila tonnellate esportate, segnando un aumento del 10,3% rispetto all'anno precedente. Con questi nuovi dazi, inevitabilmente è il rallentamento.

Lactalis in Italia: 8 formaggi Dop

Dallo stabilimento Galbani a Casale Cremasco al Caseificio Tricolore di Reggio Emilia, fino alla Parmalat di Collecchio, il gruppo francese possiede nella penisola 31 stabilimenti concentrati soprattutto al Nord (ma ve ne sono anche in Campania e in Sicilia) con un portafoglio unico di 4 mila tra succhi, salumi e prodotti lattiero-caseari e ben 8 formaggi Dop sui 52 prodotti nel nostro Paese. La divisione italiana è anche il principale acquirente di latte del mercato nazionale con una raccolta annua di circa 1,5 miliardi di litri da oltre mille stalle. Alla fine, dei formaggi prodotti, il 42% venduto da Lactalis Italia è destinato all’estero e da solo vale tra il 15 e il 18% di tutti i nostri formaggi esportati.

I numeri di Lactalis Italia

Primo gruppo lattiero-caseario al mondo e prima realtà italiana del settore agroalimentare per capillarità e per fatturato, con 2,9 miliardi di euro, Lactalis Italia, che ha oltre 5.300 dipendenti e una rete di 1.200 agenti, in totale vantava nel 2022 un impatto occupazionale diretto e indiretto di 23.515 persone. La società da sola genera il 14,5% di tutto il fatturato del comparto italiano e la sua crescita annua è del 7,2%, contribuendo al Pil con 2,8 miliardi. Nonostante sia da tempo una multinazionale, Emmanuel Besnier, che è il nipote del fondatore e presidente del colosso, prosegue la tradizione di famiglia di investire nei territori dove operano le sue aziende (250 milioni di euro per l’Italia negli ultimi 5 anni), preservando al contempo l’unicità e la tradizione locale dei prodotti. Tutto questo va a braccetto con un’attenzione per l’ambiente, la sostenibilità e il benessere animale. Negli ultimi 4 anni Lactalis in Italia ha ridotto l’energia prelevata dalla rete del 40%, l’equivalente dei consumi energetici annuali di circa 54.500 famiglie.

Ultimo aggiornamento: 10 aprile 2025, 07:36

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