Nel Medioevo

Ultima modifica 5 giugno 2024

Tra V e VI sec d.C. la situazione del popolamento rurale accentua ulteriormente i suoi caratteri involutivi avviandosi ad una totale trasformazione. Tra i ruderi degli edifici rustici o delle stesse grandi ville compaiono sepolcreti altomedievali, essi sono la spia di una nuova tipologia insediativa che lascia scarse tracce di sé, poiché gli edifici sono costruiti per la maggior parte in materiali deperibili e riutilizzando le strutture superstiti d’età romana.

Nonostante la difficoltà d’individuazione degli insediamenti altomedievali, è possibile affermare – grazie anche all’archeologia – che il popolamento appare distribuito in maniera piuttosto discontinua sul territorio. Possiamo trovare sia piccoli insediamenti che sopravvissero per qualche tempo tra i ruderi degli edifici romani, sia nuovi insediamenti costruiti ex novo, oppure abitati aggregatisi nell’area di qualche grande villa.

L’abitato sparso, che sembra prevalente in questo periodo, offre l’immagine di un paesaggio agrario anch’esso sparso e frazionato. Ogni podere sembra infatti tendere all’autosufficienza e quindi ognuno possiede, oltre alla casa ed ai campi coltivati a cereali, anche vigne, prati per il pascolo, bosco, orti e colture tessili. La stessa presenza di curtes con i loro contratti di livello contribuiscono a darci questa impressione.

Gli indizi per una frequentazione del territorio cremasco in età medievale hanno avuto un incremento notevole negli ultimi due decenni grazie anche all’attenzione dedicata loro nelle ultime campagne di scavo sul territorio. A Vidolasco ed a Casale sono testimoniati rinvenimenti di frammenti ceramici databili a questo periodo ai campo Novelli, in località Gambazocca, a Montecchio presso la cava di ghiaia, nei campi Chiericata, Dosso dell’Asino, Campasso e Chiosa d’Albera. Come si può notare dalla Carta archeologica, a Vidolasco e Casale l’insediamento prosegue in alcune località disseminate sul territorio ed in prossimità dell’attuale centro abitato di Vidolasco, con una continuità di vita che dal I secolo d.C raggiunge il Medioevo.

Oltre ai dati offerti dai rinvenimenti archeologici, possiamo avvalerci anche delle informazioni forniteci dalle fonti scritte, abbastanza numerose ed interessanti per il territorio di Casale e Vidolasco. Tutti i documenti citati di seguito sono riportati in forma integrale ed ordinati cronologicamente nell’Appendice II, posta al termine del capitolo.

Il nome di Vidolasco appare per la prima volta in un documento datato 1° settembre 949 in cui il vescovo di Cremona Dagiberto permuta degli edifici, dei terreni ed una quota del porto sull’Adda in Cavriate con un castello a Bozzolo sull’Oglio di proprietà del prete Lupo figlio di Gisemperto. Tra i testimoni presenti alla stesura dell’atto vi è anche Ingeramo figlio di Arnidio de vico Vidolasco. L’Aschedamini collega Ingheramo figlio di Arnidio con un Ariberto di Sergnano figlio del fu Ingheramo, presente in un documento del 948 creando tra i due un rapporto di parentela. Questa ipotesi non è sostenibile, perché nel documento del 948 Ariberto è detto figlio del fu Ingheramo e quindi quest’ultimo doveva già essere morto, mentre un anno dopo nel documento del 949 Ingheramo de vico Vidolasco è ancora vivo tanto che può firmare l’atto di permuta. Si tratta quindi di un semplice caso di omonimia ed i due personaggi non possono essere messi in connessione.

Il paese di Vidolasco compare di nuovo in un documento, redatto in vico Camisiano nel 960 In esso il vescovo di Cremona Dagiberto permuta delle terre con il conte di Lecco Atto figlio di Vuiberto. Il vescovo concede ad Atto un castello e tutti i possessi appartenenti alla basilica di San Pietro di Camisano, situati nei territori di Camisano e di Vidolasco oltre a terreni appartenenti alla basilica di Sant'Alessandro di Castel Gabbiano posti nel paese stesso. In cambio ottiene duemila iugeri di terra, un castello e cappelle pertinenti alla corte di Sesto presso Cremona. Le proprietà della chiesa di San Pietro di Camisano situate a Vidolasco sono costituite da sei appezzamenti di terreno per un totale di circa 18 ettari; due si trovano in località Spraganica, due vengono denominati Linalia e due si trovano nei pressi del Serio Morto. Non è stato possibile trovare un confronto tra i nomi delle località citate nel documento ed i toponimi attuali.

Il paese di Casale compare per la prima volta in un documento datato 19 giugno 978, nel quale Odelrico vescovo di Cremona permuta dei terreni per un totale di ventisei tavole con altri terreni in Antegnate e Casale per un totale di ventotto tavole di proprietà di Teuderisio figlio di Gunsperto. Purtroppo il documento è lacunoso e non è possibile ricavare nessuna informazione sulla localizzazione dei terreni oggetto della permuta.

Nell’ottobre 989 troviamo nuovamente un Walperto figlio del fu Walperto de loco Vidolasco che pone la sua firma in calce ad un atto redatto a Monasterolo del Castello con il quale Oberto del fu conte Apone da Mozzo dona alla chiesa di Sant'Alessandro in Bergamo un appezzamento di terreno con edifici a Lallio. Le supposizioni avanzate dall’Aschedamini riguardo l’identità di Walperto non possono essere confermate, data la diffusione e la frequenza del nome Walperto nei documenti.

L’11 marzo 993 a Genivolta viene redatto un placito presieduto da Giselberto conte di palazzo e del comitato di Bergamo in cui il vescovo di Cremona Ulderico permuta delle terre di proprietà delle chiese di Santi Faustino e Giovita di Vidolasco e San Martino di Sergnano, soggette al vescovato di Parma, con la metà del castello di Acquanegra e numerosi terreni nei suoi pressi di proprietà del prete Arnolfo figlio di Alessandro de loco Arie. I terreni sono coltivati a vite e confinano con la via principale e con le proprietà della chiesa di San Faustino. Uno di questi poderi è situato prope castro ipsius loco. Abbiamo quindi la prima attestazione di un castrum (postazione fortificata) nel territorio di Vidolasco. È difficile individuare il luogo preciso di questo insediamento; gli unici due toponimi significativi a questo riguardo sono quelli di due tereni: il Fortino ed il campo Torrazza, l’uno ad oriente e l’altro ad occidente del paese. Solo delle indagini archeologiche mirate potrebbero chiarire definitivamente il problema.

Il 20 gennaio 1034 in un atto redatto a Fornovo Adalberto levita della chiesa di Bergamo e Ottone figli di Rotepaldo di Gabbiano cedono al vescovo di Cremona Ubaldo tutti i loro possedimenti nei paesi di Publica, Trezzolasco e Vidolasco, già apparteneti alla Diocesi di Cremona e facenti parte del beneficio clericale di Enrico figlio di Tebaldo vicario vescovile di Fornovo. La pieve di Fornovo San Giovanni è nominata per la prima volta in un documento dell’842 nel quale il conte Rutcher dona al vescovo di Cremona la corte di Ruberino in comitatu scilicet bergomense, prope plebem que dicitur Forum Novum. Il testamento è contestato dai conti bergamaschi e confermato per due volte da re Lotario, la seconda nell’861. Nel 966 il vescovo di Cremona Liutprando permuta un campo tenente latus castro antico juris plebis S. Johannis con terre di Arialdo d’Antegnate, il documento specifica che plebem istam cum omni sua perinentia pertinere videtur de sub regimine et potestate ipsius episcopii Sancte Cremonensis Ecclesie. Dalla pieve di Fornovo dipendevano l’ecclesia de Terzolasco (Trezzolasco), l’ecclesia S. Ambrosii de Altofasso l’ecclesia de Sereniano (Sergnano), l’ecclesia de Albinengo (abitato oggi scomparso a 2 chilometri a sud di Sergnano), l’ecclesia de Pianengo, l’ecclesia de Vayrano (Vairano), l’ecclesia S. Petri in Batidicio (San Pietro in Crema), l’ecclesia de Camissano (Camisano), l’ecclesia de Casale, l’ecclesia de Vidolascho (Vidolasco), l’ecclesia S. Alexandri de Gabiano, l’ecclesia S. Marie de Gabiano (Castel Gabbiano).

In un documento datato 2 novembre 1065 troviamo citato per la seconda volta il castrum di Vidolasco. In questo atto Alberico del fu Ottone investe il vescovo di Cremona Ubaldo di tutti i suoi terreni ed edifici posti in Gabbiano e di due terzi di quelli fuori e dentro i castelli di Vidolasco e Trezzolasco con la clausola che gli stessi diverranno di proprietà dell’Episcopio nel caso che egli muoia senza eredi maschi. È possibile che questo Alberico sia figlio di quell’Ottone che nel 1034 aveva già ceduto la sua parte di beni in Publica, Trezzolasco e Vidolasco al vescovo di Cremona. Ora il figlio completa la donazione paterna aggiungendo Gabbiano e due terzi dei beni siti in Vidolasco e Trezzolasco.

Lo stesso vescovo Ubaldo di Cremona è protagonista di un altro documento datato all’anno 1066, nel quale il re Enrico IV conferma al presule cremonese i beni ed i diritti vecchi e nuovi su vari paesi del Cremonese e del Cremasco, tra i quali figura anche Vidolasco. La donazione viene confermata anche da Papa Alessandro II con un atto datato 30 ottobre 1066.

Troviamo di nuovo nominato Vidolasco in un documento datato all’ottobre 1078 nel quale il prete Alberto del fu Rotepaldo dona alla chiesa cremonese tutti i suoi beni posti in Gabbiano, Vidolasco, Trezzolasco e Pubblica, tra i quali vi sono anche dei terreni a bosco ed arati, prati e vigne.

Nel XII secolo si sente l’esigenza di riconfermare tutti i privilegi ed i possessi acquisiti dalla Chiesa cremonese grazie all’investitura effettuata da Enrico IV; il Papa Callisto II procede quindi alla conferma dei benefici e dei possedimenti, tra i quali figura anche la chiesa di Vidolasco, con un documento datato 1 febbraio 1124, di nuovo confermati sessantatré anni dopo da Papa Gregorio VIII con un documento datato 2 novembre 1187.

Alla fine del XII secolo dopo la distruzione di Crema ad opera del Barbarossa, Vidolasco e Casale sono associati per la prima volta in un documento datato 5 marzo 1192, nel quale l’imperatore Enrico VI concede ai Cremonesi tutti i beni e i diritti che l’Impero aveva su Crema e sui luoghi circostanti e tutti i beni e i diritti che i Cremonesi possedevano nell’Insula Fulcheria precedentemente alla ricostruzione di Crema, confermando una precedente concessione di Federico I. Il Cremasco viene suddiviso in quattro zone: ultra Serium Insula Fulcheria, citra Serium, e in Vaure. Della zona citra Serium (al di qua del Serio rispetto a Cremona) fanno parte: Gabbiano, Vidolasco, Casale, Runcengum, Camisano, Bottaiano, Offanengo Maggiore e Minore, Izano, Soave, Madignano.

Un atto notarile datato al 1198 e riportato dal Terni, ci informa che una notevole quantità di terra viene venduta da un possidente di Vidolasco ad un nobile abitante di Crema. Giovanni Greppi figlio di un nobile Benzone di Crema compra da Rainerio Preandreis di Vidolasco tutte le sue proprietà un tempo del defunto Giovanni de marchisio Perandree situate nel territorio di Vidolasco, dal Serio Morto fino a Capralba.

Nel XIII secolo vi è un documento che riporta per la prima volta il nome di un sacerdote addetto alla cura d’anime della chiesa di Vidolasco. In un atto datato 2 maggio 1211, Sicardo vescovo di Cremona concede alla chiesa di San Giovanni di Vidalengo il diritto di riscuotere le decime di un appezzamento di terreni nello stesso paese di Vidalengo. Uno dei testimoni che firmano l’atto è Prevosto, clericus (sacerdote) di Vidolasco. Dopo circa dieci anni abbiamo anche la prima menzione di un abitante di Vidolasco che ha fatto fortuna ed ora suo figlio gestisce un mulino a Crema. Un atto notarile datato 6 settembre 1221 attesta infatti la presenza in Crema del mugnaio Nicola della vicinia di Ponte Furio, figlio del fu Monaco di Vidolasco e di sua moglie Imilda figlia del fu Giovanni Pisoni.

La chiesa dei Santi Faustino e Giovita di Vidolasco ritorna nei documenti del XIII secolo con un atto datato 2 aprile 1272 nel quale il vescovo di Cremona permuta delle terre con Giovanni Sicco di Caravaggio e Alberto Bafo. A proposito di un appezzamento posto in Mozzanica, si dice infatti che confina con un terreno di proprietà della chiesa di Vidolasco.

l Terni nella sua Storia di Crema, cita un elenco di famiglie che nel 1332 erano tra le più importanti del Cremasco; tra di esse vi sono anche i Conti di Casale. Non possiamo stabilire con precisione chi fossero questi conti di Casale, ma un documento datato 16 ottobre 1390 relativo ad una compravendita di terreni può aiutarci ad aggiungere qualche tassello alla storia di Casale. In questo atto compaiono infatti per la prima volta Bertolino figlio di Antonio detto Robinato dei Conti di Camisano, ma habitatores loci de Casale e Maffeo soprannominato Banidio figlio di Imerio Conte di Camisano, prefessante la legge longobarda. Nessuna altra notizia ci viene fornita riguardo a questi personaggi; sia il Benvenuti che lo Zavaglio li chiamano un po’ troppo sbrigativamente Conti di Casale, basandosi sulla notizia del Terni che ricorda la presenza a Crema, verso la metà del XIV secolo, di una famiglia di Conti di Casale. Non possiamo però dire se i due personaggi chiamati nel documento con l’appellativo di Conti di Camisano, ma residenti a Casale siano gli stesso Conti di Casale ricordati dal Terni e nemmeno che facciano parte della stessa famiglia. Lo Zavaglio, senza peraltro citare la sua fonte, afferma che gli Umiliati di Casale avrebbero riadattato la dimora dei Conti di Casale per utilizzarla come convento.

Del 1398 è forse l’unica citazione conosciuta di Montecchio di Vidolasco. Nel pieno delle lotte tra Guelfi e Ghibellini, questi ultimi riescono a catturare ed a bandire un buon numero di avversari tra i quali figura anche un Pacino di Montecchio con suo figlio.


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